Raccontare, ascoltare, scegliere.

La discordia coniugale


Rivista N. 3 - secondo semestre - Anno 2014
La discordia coniugale

Ebbene si, si parla tanto di litigi di coppia, di conflittualità che quotidianamente sentiamo sfociare in agiti aggressivi ed impulsivi, eppure basterebbe saper comunicare ed esplicitare alcune semplici regole per poter promuovere una pacifica e rispettosa convivenza.
Quante volte dietro una lavastoviglie non scaricata o la legna non sistemata ci diciamo "Ecco non mi rispetta!", "Ecco non ha pensato a me", "Ecco non mi ama abbastanza". In una coppia, il momento più difficile è quello della costruzione delle regole che di solito avviene dopo alcuni mesi dall'inizio della relazione. Spesso si cade in due tipi di errori: la sindrome pedagogica, quella del "io ti salverò" "le mie regole sono le più giuste" o la lettura dell'altro: "io so di te più di quello che tu sai di te stesso". In entrambi i casi quella che salta è la reciprocità, uno dei due entra in una dimensione di presunzione (spesso inconsapevole) coperta da una dimensione vista come altruistica.
Le regole, all'interno di una coppia, spesso appartengono ad un contratto implicito oppure esplicito, ma questo cosa vuol dire? Nell'esplicito vi è tutto ciò che una coppia, nel momento in cui comincia un percorso insieme, si dice ad esempio "io avevo l'abitudine di fare la lavatrice due volte a settimana" "di organizzare la raccolta differenziata in questo modo" etc. Spesso non si rende una regola, un'abitudine, esplicita per paura che possa non incontrare espressione favorevole nell'altro e preferiamo lasciarla nell'implicito, correndo il grande rischio che ciò emerga e sveli un inganno, il ben conosciuto "non me lo avevi detto". Nell'implicito invece ciascuno ci mette le proprie aspettative, valori, pensieri e dà per scontato che l'altro le sappia o le abbia capite senza esplicitarle o condividerle. Spesso si scivola nell'errore di pensare che le regole all'interno della coppia rimangano sempre tali invece ogni qualvolta emerge un cambiamento nel ciclo di vita, all'interno della storia di coppia o individuale, è necessario rinegoziarle, cambiarle, adattarle al momento o alla fase che si sta attraversando.
E' importante fare in modo che il conflitto all'interno della coppia sia il più possibile dinamico e non statico; questo significa la capacità di entrare ed uscire da una discussione, da un conflitto senza stare dentro di esso per ore, giorni, settimane; uscire dal litigio in un tempo sopportabile significa non restare nel conflitto o nel rancore per lungo tempo. Il conflitto emotivo nasce dall'idea di aver subito un torto, dalla rottura della lealtà e della fiducia; spesso la mancata soluzione di problemi pratici e i sentimenti di rabbia, frustrazione, rivalsa producono un allontanamento e spesso dopo un'incomprensione avviene una chiusura. Più funzionale invece, esplicitare la rabbia attraverso un momento di conflitto dinamico piuttosto che scivolare nell'indifferenza che nasconde dentro un non detto che, in un tempo successivo, riemergerà con un carico maggiore di emozioni e sentimenti negativi.
E' abbastanza frequente come la modalità con la quale affrontiamo e gestiamo un conflitto abbia un aspetto trigenerazionale: lo stile di come si litiga passa fra le generazioni. Ci diciamo “Non farò mai come i miei genitori!” poi ci ritroviamo a comportarci esattamente nello stesso modo! Spesso quando si è arrabbiati non è vero che si è sinceri, spesso infatti in quel frangente siamo alterati, non mettiamo filtri e selezioniamo solo certi pensieri, guardando solo le cose negative della situazione. In un secondo momento, meno offuscati dalla rabbia e dal rancore vediamo le cose in modo diverso dandone spesso un altro significato. Motivo per cui è fondamentale nella discordia coniugale la comunicazione e in alcuni casi, il secondo tempo. Dire una frase del tipo "ora sono troppo arrabbiata con te per parlare di quanto è successo, riprendiamo il discorso più tardi" non è un atteggiamento perdente o di rinuncia ma al contrario un riconoscimento del proprio stato d'animo, di quanto ciò che è accaduto e dell'importanza che io do a quest'ultimo, motivo per cui ritengo sia importante parlarne in maniera attenta e approfondita in un secondo momento. Spesso infatti, anche senza rendercene conto, un conflitto, anche il più banale, attacca il nostro concetto di intimità, di valori, di esperienza di sé; quello che per l'altro è un semplice rimprovero per una cosa non fatta o un prodotto non comprato, per noi può diventare un "non valgo" "non sono capace" "non si fida".
Dobbiamo fare molta attenzione a questo aspetto ed imparare a metacomunicare: cosa significa? Significa ad esempio rispondere "Mi è spiaciuto molto ieri sera quando mi hai detto innervosito che non avevo comprato le arance...mi ha fatta sentire incapace, che tu non mi ritieni in grado neanche di fare la spesa.". La risposta a ciò sarebbe potuta essere "ma figurati! io non penso affatto questo. Ero innervosito per la giornata lavorativa difficile, avevo piacere di una spremuta e te l'ho detto con quel tono". Senza questa semplice frase la moglie si sarebbe tenuta dentro un vissuto di frustrazione, di inadeguatezza, di dispiacere per quanto crede che il marito pensi di lei e alla successiva occasione, di fronte ad una camicia non stirata si sarebbe andata a riconfermare la sua idea, e cioè che lui non la stima, che non ha fiducia in lei etc.
Ricordiamoci che il conflitto ha una dimensione evolutiva, costruttiva. La parola conflitto continua ad evocare nella nostra cultura concetti o immagini sgradevoli, rimandandoci allo scontro, all'aggressività e alla violenza come spesso quotidianamente i mass media ci ricordano. Il conflitto significa permettere di mantenere la relazione anche nella divergenza di opinioni, di valori, di abitudini; è un elemento creativo, dinamico e una risorsa all'interno della costruzione di relazioni che non possono stare all'interno di una omogeneità e coerenza assoluta e imprescindibile. La sfida è quella di creare relazioni che possano esistere e crescere all'interno di una diversità vista come spazio di crescita e non come fattore di lontananza.
Goleman, padre dell'intelligenza emotiva, diceva che la riuscita di una coppia è sorprendentemente semplice. Le coppie felici non sono né più intelligenti, né più portate alla psicologia delle altre, ma nella loro vita quotidiana sono riuscite a stabilire una dinamica che impedisce ai pensieri e ai sentimenti negativi che esistono in ogni coppia di sommergere i pensieri e i sentimenti positivi. In altre parole, secondo Goleman, sono coppie emotivamente intelligenti, cioè persone consapevoli delle proprie emozioni e più questa consapevolezza è presente più si sarà in grado di capire gli altri e di intendersi con loro.

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