La vita degli adolescenti è online: il 95% dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni usa internet e molti sono quotidianamente impegnati con instant messaging (whatsapp, per capirci), social network (non solo più Facebook) e virtual communities (forum di condivisione).
Tutto questo grazie al fatto che i dispositivi impongono la loro pervasiva e invasiva presenza in ogni momento della giornata, essendo per loro natura mobili e sempre connessi. Non a caso, per citarne uno, il fenomeno del vamping (uso dello smartphone nelle ore notturne) è in netto aumento. E non è una casualità se internet trova un posto così “comodo” nella vita degli adolescenti, poiché è un mezzo che ben si adatta al particolare momento di cambiamento che i ragazzi si trovano ad affrontare, proponendo nuove soluzioni ai compiti evolutivi tipici di questa età. I ragazzi iniziano infatti a separarsi e differenziarsi dalle figure genitoriali, a costruire una nuova immagine di sé (cambia il corpo che si fa sessuato e si affaccia lo spettro della mortalità), a coltivare la propria nascita sociale, immaginandosi in un ruolo al di fuori del contesto familiare, a definire i propri valori e il progetto di vita. Internet, e i social in particolare, si innestano in questo delicato processo offrendo uno spazio ideale per l'auto-rappresentazione (costruzione dei profili come narrazione di sé), relazioni istantanee e appartenenze a gruppi multipli (sperimentazione in diversi realtà), possibilità di comunicare auto-esprimendosi anche alla ricerca di un pubblico e consensi (youtubers). Le opportunità sono innegabilmente innumerevoli, ma ci sono anche rischi a cui vanno incontro in particolare i ragazzi con personalità psicologicamente più fragili: lo scenario si apre quindi al fenomeno del cyberbullismo, degli Hikikomori (parola giapponese per indicare solitudine e dipendenza), alle communities che alimentano comportamenti problematici (come l'autolesionismo o l'anoressia), fino alle sfide social (che racchiudono tutte quelle catene che nascono sui social network, in cui si viene nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un tag, trovandosi coinvolti nel dover dimostrare la propria resistenza all'alcool o il proprio coraggio sdraiandosi, perché no, sul ciglio di un precipizio alla ricerca del selfie più accattivante).
C’è un paradosso che colpisce: i ragazzi utilizzano internet come strumento di individuazione e ricerca personale, percorso che una volta era relegato ad uno spazio personale ed intimo, ma che oggi viene mostrato online in spazi che proprio della vita privata si nutrono. Si viene ad alimentare quindi un'intimità distorta che, in un meccanismo di ritorno e di amplificazione, inevitabilmente investe le relazioni reali.
Il rapporto degli adolescenti con le tecnologie è dunque complesso e ci pone nella condizione, come genitori, educatori, insegnanti di dover assumere un ruolo attivo per guidare e contenere, richiesta che spesso è fonte di ansia e crisi perché ci vede impreparati o privi di strumenti per fronteggiare il nuovo modo di vivere l’adolescenza. Quello che è in nostro potere è innanzitutto conoscere questo mondo (quali sono i social più diffusi e come funzionano i vari Snapchat, Musical.ly, Instagram, Tumblr?) anche per poter trasmettere ai giovani delle competenze più idonee per saper governare le difficoltà a cui possono andare incontro. A dispetto della retorica sui nativi digitali, troppo spesso infatti i nostri ragazzi manifestano indubbie abilità d'uso, che però non sono supportate da adeguata conoscenza e consapevolezza sull'uso degli strumenti. In secondo luogo possiamo porci come mediatori sollecitando lo sviluppo di un senso critico, utile per aiutarli a discernere e detronizzare il ruolo onnipotente di internet e dei suoi miti, per farsi padroni e non schiavi. In ultimo, prendiamoci un tempo per “osservare”, guardiamo i nostri figli e proviamo a chiederci: “L'uso dei social o di internet che prevale è evolutivo (ovvero mio figlio sta usando questa opportunità per crescere e vivere in modo sano la propria vita e le sue relazioni?) oppure regressivo e patologico?”. L'aiuto di un esperto, in caso di forti dubbi, può diradare la nebbia e consentirci una visione più chiara e forse in molti casi, più rilassata del fenomeno. Non dobbiamo infatti dimenticarci di alcuni buone notizie. Gli adolescenti con una buona vita relazionale riferiscono di trascorrere più tempo in rete per mantenere relazioni amicali già in essere: ciò sfata il mito che sui social vi sia la ricerca di contatti con sconosciuti quando invece si parla più spesso di un prolungamento delle relazioni quotidiane. Inoltre, sebbene la maggioranza dei ragazzi pubblichi fotografie di sé, meno del 9% include il nome per intero e pochissimi inseriscono nel profilo un modo per essere contattati; solo l’1% degli adolescenti include il numero di telefono.
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