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Quante emozioni nascoste dietro la mascherina?


Rivista N. 16 - primo semestre - Anno 2021
Quante emozioni nascoste dietro la mascherina?

La pandemia da Covid-19 ci ha imposto di rispettare le regole del distanziamento sociale per evitare il contagio e la diffusione del virus. È un anno, ormai, che evitiamo di entrare in contatto con le persone (non possiamo toccarle, abbracciarle) e che la nostra interazione è mediata dall’uso delle mascherine che coprono i due terzi del nostro volto.
Pensiamo a quante volte abbiamo osservato per strada genitori “mascherati” che si chinano sui propri figli piangenti nel tentativo di tranquillizzarli. Pensiamo anche a tutti quei bambini e ragazzi che hanno iniziato un nuovo ciclo scolastico e hanno conosciuto i loro insegnanti e i loro compagni con la gran parte del volto coperto. Pensiamo ancora a tutte le volte che, mentre parliamo con qualcuno, non capiamo quale espressione si cela dietro alla mascherina o a quanta agitazione proviamo quando incrociamo altre persone passeggiando per le strade poco illuminate. In molte occasioni si è osservato come il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine porti la gente a rivolgersi meno la parola e a sentire disagio se ci si tocca per sbaglio.
Viene da chiedersi allora, come l’uso prolungato di questo dispositivo di protezione possa influenzare a lungo termine le nostre relazioni ma, soprattutto, quel processo cognitivo che la letteratura scientifica definisce “competenza emotiva” descrivendola come l'insieme di capacità che riguardano l'espressione, la comprensione e la regolazione delle emozioni (Halberstadt, Denham e Dunsmore - 2001).
Certo, oggi non esistono ancora sufficienti studi scientifici che possano spiegare come l’uso protratto delle mascherine possa influenzare questo processo ma è opportuno fare alcune riflessioni.
Partiamo dal principio, cercando di definire cosa sono le emozioni. Esse sono delle risposte fisiologiche, cognitive e comportamentali a eventi che si verificano nell’ambiente che ci circonda o nel nostro interno. Le emozioni si esprimono sia attraverso la comunicazione verbale sia non verbale come l’espressione del volto, i gesti e i movimenti del corpo, il tono della voce e il contatto corporeo. Ci permettono di interpretare il mondo e il comportamento degli altri e di fornire risposte immediate utili alla nostra “sopravvivenza”. Per fare qualche esempio: se sentiamo un rumore forte o un boato, istintivamente ci verrà da chiudere gli occhi, tappare le orecchie o cercare un riparo; la paura che è seguita al rumore ci indica la presenza di un pericolo e che dobbiamo proteggerci; oppure pensiamo a quando vediamo qualcuno che piange e anche noi ci commuoviamo o sentiamo l’impulso di consolarlo. Ecco, le emozioni hanno il compito di regolare il nostro comportamento nello scambio continuo con l’ambiente e gli altri. Le emozioni sono innate ma la loro regolazione fa parte di un complesso processo di apprendimento in cui è necessaria la relazione con le altre persone. Infatti, il bambino, sin dai primi istanti di vita esprime i suoi bisogni e le emozioni che ne derivano attraverso il pianto e il sorriso e impara a regolare l’espressione di tali stati in base alla risposta emotiva del caregiver. Un altro elemento che interviene nel riconoscimento e nella regolazione delle emozioni è la funzione dei neuroni specchio (Rizzolatti et al., 1996), i quali sono alla base dell’imitazione (pensiamo a quando sbadigliamo perché abbiamo visto qualcun altro farlo). Questo processo di emulazione è velocissimo, immediato ed è il fondamento di molti altri processi tra i quali l’apprendimento e l’empatia, ovvero la capacità di percepire, riconoscere e comprendere gli stati d’animo di un’altra persona attraverso la mimica facciale e l’espressione corporea perché, come ha spiegato P. Ekman (1997), le espressioni facciali delle emozioni sono universali e disegnano, ogni volta, una specifica e armonica configurazione a cui partecipano occhi, bocca e muscoli del volto.
Dopo queste evidenze, ci si interroga allora su come faranno i neuroni specchio a elaborare l’espressione facciale del nostro interlocutore se ha la maggior parte del volto coperto? E come faremo a sintonizzarci sui suoi stati emotivi e rispondervi adeguatamente? Purtroppo non esistono ancora risposte certe a tutte queste domande ma suggeriscono riflessioni. Se l’obbligo di indossare la mascherina dovesse durare per un tempo prolungato, il nostro cervello sarà sicuramente in grado di trovare nuovi canali per riconoscere i volti e le emozioni che essi celano, poiché è un organo capace di adattarsi sulla base delle esigenze evolutive. Fa parte di questo processo quel riadattamento che tutti noi stiamo apportando alla nostra quotidianità: fare più attenzione allo sguardo dell’altro, anche se questo vede abbattere il muro della timidezza e dell’imbarazzo; enfatizzare i gesti corporei, alzare il tono della voce e ci richiede, soprattutto, di imparare a dare maggiore peso alle parole che usiamo per rivolgerci agli altri per spiegare i nostri vissuti.

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