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Valutare l’intelligenza nei bambini: perchè?


Rivista N. 17 - secondo semestre - Anno 2021
Valutare l’intelligenza nei bambini: perchè?

Ci vuole qualcosa di più dell’intelligenza per agire in modo intelligente
F. Dostoevski


Una delle competenze specifiche dello psicologo è quella di essere formato per la somministrazione di Test, grazie ai quali, elaborando e interpretando i dati raccolti, è possibile arrivare a conoscere meglio le caratteristiche dei bambini. In particolare il Test intellettivo consente di fotografare come funziona il cervello nelle sue diverse componenti (verbali, di ragionamento, memoria e attenzione). Ai più è nota la sigla QI, che indica il quoziente intellettivo, il quale, se opportunamente interrogato, ci può informare di quali sono i punti di forza del bambino, le sue risorse e, a specchio, le sue fragilità o punti di debolezza.
I test per misurare l’intelligenza hanno nel tempo permesso una sempre maggior equità sociale portando a identificare con precocità problematiche cognitive di grande impatto sulle capacità di adattamento dei bambini alle richieste dell’ambiente e della scuola. Parliamo ad esempio di bambini con una disabilità intellettiva, che possono presentare limitazioni nella comunicazione, nelle autonomie, negli apprendimenti, nell’autocontrollo, tali per cui la valutazione permette di accedere al sostegno scolastico e all’inclusione sociale attraverso l’attivazione della legislazione a loro tutela (L.104/92). All’opposto possiamo trovare i bambini plusdotati, detti gifted, che si caratterizzano per un potenziale che si manifesta in alcune aree specifiche in modo superiore a quanto ci si attende per l’età e i livelli di sviluppo (come ad esempio leggere a 3 anni senza essere stato sottoposto a insegnamento). Anche in questo caso questi bambini possono trovare però difficoltà ad integrarsi nel gruppo dei coetanei poiché la forbice prestazionale li separa dai compagni e la loro curiosità può talvolta essere considerata bizzarria. Nel mezzo troviamo un’infinità di sfumature diverse e la decisione di attuare un approfondimento cognitivo può essere presa per capire il livello di sviluppo e potenziare specifiche abilità. Questo è ad esempio il caso dei bambini che presentano Disturbi dell’apprendimento (come la dislessia) i quali hanno un’intelligenza nella norma ma accusano una difficoltà specifica a scuola che talvolta può farli apparire “lenti” e fargli sperimentare la sensazione di “essere più stupidi e più incapaci degli altri”.
Nonostante i genitori spesso condividano i loro legittimi dubbi nel sottoporre i bambini a questo tipo di valutazione la pratica clinica ci racconta di situazioni in cui questo percorso ha invece aiutato in primis proprio i bambini a capire ed affrontare meglio il loro percorso scolastico trovando spiegazioni alle loro fatiche, aiutandoli ad assolversi da colpe e iniziando a costruire strategie di miglioramento.
Il profilo che emerge dai dati raccolti è infatti di aiuto a progettare linee di intervento e potenziamento che possono portare a sensibili cambiamenti. Il quadro cognitivo non va infatti visto come un tratto che una volta misurato resta fisso e costante ma in realtà questo tende a modificarsi secondo traiettorie che possono essere differenti: se coltivato può evolvere ed esprimersi in modo nuovo e ricco, ma può altresì impoverirsi se non supportato con i giusti stimoli (ciò vale ad esempio anche per i bambini plusdotati che più di altri possono provare noia).
Due accortezze. Prima di decidere di somministrare un test intellettivo è utile confrontarsi con lo specialista per comprendere insieme le motivazioni e quale significato può avere il risultato. In secondo luogo dobbiamo ricordarci delle emozioni, le quali possono rimescolare le carte e talvolta nascondere ed offuscare le reali capacità del bambino, interferendo con l’espressione delle sue potenzialità. Una visione d’insieme e la conoscenza del bambino a 360° è quindi sempre la via da preferire.

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