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Due anni e non parla: aspetto o posso già aiutarlo?


Rivista N. 17 - secondo semestre - Anno 2021
Due anni e non parla: aspetto o posso già aiutarlo?

Ecco perché chiedere al bambino di ripetere le parole e insistere con questa modalità spesso non è la strada giusta per aiutarlo

Generalmente, con i bambini più piccoli che ancora parlano poco o nulla e che iniziano un percorso logopedico non ci si pone subito l’obiettivo di “imparare a dire più parole”, ma si lavora sull’acquisizione e sul consolidamento di altre abilità, che però sono strettamente legate allo sviluppo linguistico.
Il linguaggio, infatti, non ha origine quando il bambino impara a dire le prime parole, ma molti mesi prima, quando grazie all’interazione con l’adulto inizia a sviluppare quelli che vengono considerati i prerequisiti, acquisisce cioè quelle abilità non verbali che sono necessarie per iniziare poi a parlare:
- intenzionalità comunicativa: la voglia, l’intenzione del bambino di voler comunicare qualcosa all’altra persona attraverso i canali a sua disposizione. Può essere legato alle richieste, come la sete, il voler essere preso in braccio, oppure al bisogno di condividere qualcosa di interessante;
- gesti comunicativi: il bambino impara prima i gesti, che poi inizieranno ad essere associati a delle parole. Con il passare del tempo, il sistema gestuale verrà abbandonato a favore del linguaggio.
C’è una fase in cui gesti e parole hanno per il bambino la stessa importanza e pertanto osservare i gesti che produce è fondamentale per capire come si relaziona con le altre persone.
Uno dei primi gesti che il bambino impara a controllare è generalmente l’indicare, con funzione richiestiva (indica ciò che vuole), poi diventerà dichiarativa (indica per spostare l’attenzione dell’adulto e mostrargli qualcosa);
- attenzione condivisa: è la capacità di direzionare lo sguardo e l’attenzione verso l’oggetto dello scambio comunicativo con l’altra figura presente (il genitore indica e il bambino sposta lo sguardo sull’oggetto, e viceversa);
- alternanza del turno: bisogna imparare a riconoscere che esistono dei turni conversazionali e che devono essere rispettati se vogliamo che la conversazione con il nostro interlocutore sia funzionale.
Ciò significa prendere la parola e lasciare momenti di silenzio in cui l’altro può prendere il turno, aspettare che finisca e poi riprendere a parlare;
- imitazione: il bambino osserva ciò che lo circonda e tenta di riprodurlo in maniera sempre più precisa, ciò favorisce anche l’imitazione del sistema mimico-gestuale e dei suoni del linguaggio;
- gioco simbolico: cioè giocare con un oggetto facendo finta che sia qualcos’altro. Questa abilità favorisce lo sviluppo del linguaggio, le parole sono infatti simboli che veicolano dei significati.
E’ importante che questi prerequisiti siano acquisiti entro i 18 mesi del bambino, cioè quando inizia quella fase in cui il vocabolario da lui utilizzato dovrebbe arricchirsi molto velocemente, con nuove parole che vengono acquisite e utilizzate spontaneamente ogni settimana.
Ricordiamoci infatti che aver imparato una nuova parola non vuol dire saperla ripetere su richiesta del genitore (anzi, spesso serve molto poco), ma saperla utilizzare spontaneamente nel contesto quotidiano.
Se il vostro bambino ha 18 mesi o più e osservandolo notate che non ha ancora raggiunto i prerequisiti descritti può essere utile una consulenza logopedica svolta solo con i genitori (o altre figure di accudimento) per individuare insieme le strategie utili a favorire l’acquisizione di queste basi, che saranno terreno fertile per lo sviluppo del linguaggio.

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